Nuova ipotesi sul determinismo della malattia di Alzheimer

Una nuova ipotesi sul determinismo dello sviluppo della malattia di Alzheimer sembrerebbe scaturire dai risultati di uno studio del Rensselaer Polytechnic Institute, frutto della collaborazione tra Stati Uniti e Cina, che ipotizzerebbe essere l'eparan solfato come molecola impiegata nella rimozione della beta amiloide, il cui accumulo a livello neuronale da mancata rimozione sarebbe all'origine della malattia che colpisce la mondo circa 55 milioni di soggetti di cui circa il 75% non ha causa nota. Ricordiamo che la malattia è la forma più diffusa di demenza senile, ma la cui conferma diagnostica sarebbe puramente autoptica, mentre in vita il determinante più accreditato anche per l'ipotesi di diagnosi sarebbe l'accumulo della beta amiloide-42 . In Italia circa 500 mila sono i soggetti colpiti con una incidenza del 5% nei soggetti over 60 con una aspettativa media di vita dalla diagnosi di sette anni, periodo in cui problemi di memoria, di pensiero e di comportamento si sviluppano lentamente e peggiorano con il passare del tempo, a tal punto da diventare talmente gravi da interferire con le normali attività quotidiane con drammatiche ripercussioni non solo sul paziente, ma anche sulla famiglia o sui caregiver dello stesso. 

Lo studio avrebbe dimostrato come le alterazioni del ritmo sonno-veglia possano rappresentare il primum movens per lo sviluppo della patologia in quanto alterazioni circadiane nella presenza dell'eparan solfato sulla parete dei macrofagi, cellule impegnate nella rimozione della beta amiloide-42, laddove aumenti la concentrazione di questa molecola sembrerebbe calare l'efficienza dei macro fagi nello smaltimento della beta amiloide  con accumulo di questa tossina nei neuroni e le conseguenti alterazioni progressive della malattia. Visto che le alterazioni del sonno iniziano anni prima della manifestazione dei sintomi della malattia, un intervento precoce a questo livello potrebbe normalizzare i ritmi circadiani che sottendono alla corretta funzionalità delle cellule spazzine.