L’epidemia da oppioidi

Pubblichiamo un nuovo contributo originale del Collega Enzo Pirrotta su una tematica di interesse generale, come l'uso o abuso dei farmaci oppioidi nel trattamento del dolore cronico.

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Come aiutare i medici a contrastare questo fenomeno jatrogeno .

Nel 2015, in occasione della presentazione del rapporto OsMed/AIFA sul consumo dei medicinali nel nostro Paese, la allora ministra Lorenzin espresse “forte preoccupazione per l’aumento del consumo di oppiacei”. Come è noto gli oppioidi sono farmaci essenziali per il trattamento del dolore, cronico e acuto, moderato-severo sia di origine neoplastica sia da altre cause, quale per esempio il dolore post operatorio. La prevalenza del dolore oncologico varia tra il 52% e il 77% negli studi più vecchi a valori più bassi negli studi più recenti compresi tra il 24% e il 60% per i pazienti in terapia farmacologica e tra il 62% e l’86% per i pazienti con tumore in stadio avanzato. La prevalenza in Italia del dolore cronico non oncologico, una delle indicazioni per il ricorso agli analgesici oppioidi in base al tipo di dolore e di paziente, è stimata intorno al 26% (1) 

E’ in questo quadro che devono essere letti e interpretati i dati di consumo in Italia, tenendo anche presente l’allarme proveniente dagli Stati Uniti dove sta succedendo dall’inizio degli anni Duemila che i medici prescrivono forti antidolorifici oppioidi per lenire dolori acuti da infortuni, dolori cronici o post operatori. Questi farmaci provocano però una forte dipendenza: una volta che la ricetta scade si passa quindi al mercato nero, dove l’eroina costa molto meno ed è più facile da trovare. Secondo gli esperti della Substance Abuse and Mental Health Services Administration è capitato a 2 milioni di americani e tre quarti dei tossicodipendenti ha iniziato così: il numero di prescrizioni mediche di antidolorifici oppioidi, non a caso, è aumentata da 112 milioni nel 1992 a 292 milioni nel 2012. Eppure, per contrastare questa tendenza, figlia di un combinato disposto delle preferenze di un paziente che non vuole sentire più dolore e di una cultura positivistica che quotidianamente proclama l’onnipotenza della medicina, sono stati lanciati negli ultimi tempi degli allarmi in letteratura nella speranza di invertire il trend.

L’AIFA per esempio nella pillola dal mondo n 965 del 24/3/2016 scriveva, parlando a nuora perché suocera intenda :”I Centri per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie (CDC) statunitensi hanno emesso nuove Linee Guida contenenti raccomandazioni che sollecitano i medici di base e gli specialisti a limitare le prescrizioni di oppioidi nel trattamento del dolore cronico (non derivato da un cancro e non correlato a cure palliative e terapie di fine vita). In particolare, le nuove Linee Guida invitano a offrire terapie alternative: dall’uso di farmaci antinfiammatori, alla terapia fisica, ai massaggi e così via. Le raccomandazioni puntano a supportare i medici nella valutazione dei casi in cui iniziare il trattamento con oppioidi e offrono inoltre informazioni specifiche sulla selezione del farmaco, il dosaggio, la durata, la valutazione dei progressi e l’eventuale interruzione. Nel caso, invece, si reputi necessario consigliare l’uso di prodotti analgesici a base di oppioidi, i CDC raccomandano di prescriverne il dosaggio minimo e di monitorare i pazienti continuativamente, per accertarsi che non divengano dipendenti. Per coloro che soffrono di dolori acuti e di breve termine, il termine massimo per l’uso di questi medicinali dovrebbe essere 3 giorni; secondo le Linee Guida, 7 giorni di terapia dovrebbero essere necessari molto raramente.”

Successivamente il trial SPACE di Krebs ha dimostrato che il trattamento con oppioidi non è stato superiore a quello con farmaci non oppioidi nel migliorare la funzionalità correlata al dolore osteo-artrosico nell'arco di 12 mesi. I risultati del trial non supportano, dunque, l'inizio della terapia con oppioidi per il mal di schiena cronico da moderato a grave, o per il dolore da osteoartrosi all'anca o al ginocchio. Gli oppioidi hanno inoltre causato un numero significativamente maggiore di sintomi avversi rispetto ad altre terapie: quindi, nel complesso, non hanno dimostrato alcun vantaggio di outcomes clinici che in qualche modo induca a trascurare il maggior rischio di danni. J Stock (3), in una relazione all’interno dell’ultimo congresso AHA di Chicago, ha comunicato che i pazienti sottoposti a precedenti terapie con oppiacei sono gravati di  un rischio relativo superiore al 34% di sviluppare fibrillazione atriale: un aumento, questo,  risultato statisticamente significativo anche prendendo in considerazione l’influenza di altri fattori di rischio cardiaco e che preoccupa soprattutto per la giovane età dei soggetti considerati (età media: 34 anni). Stock conclude che grandi sforzi dovrebbero essere fatti non solo per ridurre l’abuso di oppiacei e le overdoses, ma anche per assicurare che ai pazienti vengano prescritti oppioidi solo quando è assolutamente necessario.  Infine, Dennis Bonner (4), nella considerazione che l’obiettivo delle Linee Guida CDC della riduzione dei milligrammi equivalenti di morfina (MME) al di sotto di 90 in ciascun paziente può causare, in alcuni di questi, gravi sindromi da astinenza, ritiene invece più utile proporre una terapia combinata che consenta di ridurre il dosaggio di oppioidi utile al controllo del dolore specialmente se cronico. L’autore afferma che negli anni ’60 i farmacisti facevano uso dell’idrossizina per trattare pazienti che non potevano permettersi terapie antidolorifiche più costose. Si tratta in sostanza di rispolverare un vecchio schema terapeutico, peraltro già contemplato dal Pdta del paziente con dolore oncologico pubblicato dalla Regione Piemonte nel 2014. L’idrossizina, se usata in combinazione con altre terapie, può potenziare l’efficacia degli oppioidi sfruttando il meccanismo dell’imbuto dei citocromi. La combinazione proposta riduce il carico narcotico, ma ne aumenta l’efficacia, evitando quindi l’astinenza. Per eventuali effetti collaterali dovuti al fatto che i pazienti possono metabolizzare la codeina in modo molto variabile a causa del polimorfismo genetico dei citocromi, Bonner consiglia di completare la miscela terapeutica con pregabalin, ondansetron  e docusato.

Ancora, uno studio di Thiels (5)   ha dimostrato che i soggetti a cui viene prescritto il solo tramadolo dopo un intervento chirurgico hanno un rischio di uso prolungato di oppioidi più alto dei pazienti a cui sono prescritti altri oppioidi a breve durata d’azione Eppure, il tramadolo è considerato un’opzione più sicura rispetto ad altri analgesici oppioidi con breve durata d’azione come idrossicodone e ossicodone; ma i risultati di questo studio indicano che in un contesto di dolore acuto il tramadolo va prescritto con cautela, tenendo conto del rischio più alto di un uso prolungato.  ( l’induzione alla dipendenza da oppioidi, quindi, dipenderebbe anche dalla molecola utilizzata!)

Infine, va considerato il fatto che nella prescrizione degli oppioidi i medici non seguono spesso le indicazioni delle Linee Guida, con accertate incoerenze che riguardano specialmente la spesso non praticata titolazione della dose terapeutica da utilizzare ed il rispetto della soglia di durata del trattamento (6)

Che dire? E’ evidente che bisogna contrastare questa tendenza verso l’epidemia da oppioidi in Italia, pur se non così virulenta come negli USA. Nel nostro paese l’aumento del consumo di oppioidi è stato determinato dal cambiamento della legislazione sulla prescrizione (anno 2001) e, a partire dal 2005, dall’immissione in commercio di nuove formulazioni farmaceutiche e di principi attivi in commercio da tempo in altri Paesi ma non in Italia (per esempio ossicodone e idromorfone). Peraltro, non si può trascurare il ruolo della scarsa formazione che è seguita alla legge 38/40 che può avere indotto una prescrizione più emotiva che ragionata. Questo contributo vuole essere, almeno per i miei venticinque lettori, un’occasione di formazione ed informazione per una prescrizione appropriata degli oppioidi nel dolore acuto e cronico, utile a prevenirne l’epidemia.

Enzo Pirrotta

 

Bibliografia

  1. Libro bianco sul dolore cronico in Italia, Health Publishing & Services, 2014:45-66. CDI NS
  1. Krebs EE et al. Effect of Opioid vs Nonopioid Medications on Pain-Related Function in Patients With Chronic Back Pain or Hip or Knee Osteoarthritis Pain - The SPACE Randomized Clinical Trial. 2018;319(9):872-882.
  2. J Stock Opioid use may increase risk of dangerous heart rhythm disorder. American Heart Association’s Scientific Sessions 2018.
  3. D Bonner Academy of Integrative Pain Management (AIPM) Inaugural Global Pain Clinician Summit 2018. Abstract 1; Boston, 9/11
  4. Thiels CA, Haberman EB, et al. Chronic use of tramadol after acute pain episode: cohort study. BMJ 2019;365:l1849.  doi:10.1136/bmj.l1849
  5. Donwell N Engl J Med online 2019, pubblicato il 24/4 DOI: 10.1056/NEJ