FAC e terapia anticoagulante: i dati della real life

I dati del progressivo invecchiamento della popolazione generale vedono crescere di pari passo l'incidenza della fibrillazione atriale cronica e di una delle complicanze più temibili come l'ictus. Nella fascia di età superiore ai 75 anni l'instaurazione della terapia anticoagulante prevede anzitutto un valutazione del rischio tromboembolico a fronte di quello emorragico. Un recente  aggiornamento dei dati dello studio PREFER in AF, che è il registro europeo di circa 6000 pazienti affetti da FA in sette paesi dell'UE seguiti con un follow up di un anno alcuni senza terapia anticoagulante ed altri in terapia in massima parte con warfarin ed altri con i NAO, ha dimostrato come la coorte di pazienti tra i 75 e gli 80 anni senza terapia ha avuto un aumento lineare del rischio tromboembolico raddoppiato rispetto ai pazienti più giovani, mentre al di sopra di 80 anni questo rischio è addirittura triplicato.

A fronte di questo rischio, si è assistito ad un aumento lineare del rischio emorragico nella fascia di età 75-84 anni, mentre al di sopra il rischio emorragico non ha avuto incrementi particolari. Il rischio emorragico in tutte le fasce di età è stato comunque inferiore al rischio tromboembolico in pazienti non sottoposti a terapia anticoagulante orale.

Nella scelta della terapia occorre senza dubbio considerare alcuni aspetti che possono rendere complicata questa terapia nell'anziano. Per quanto riguarda il warfarin le maggiori problematiche sono legate all'aumento del rischio emorragico legato anche al declino della funzione escretoria renale tipico dell'anziano, all'aumento del rischio di cadute nelle età più avanzate, così come i limiti imposti dai controlli ravvicinati o meno necessari per il monitoraggio o le influenze dei cibi e delle altre terapie eventualmente in essere.

Diverso l'impatto della classe dei NAO in questi pazienti anziani grazie al ridotto rischio emorragico ed alla alta riduzione del rischio tromboembolico. I dati real life provenienti dallo studio PREFER in AF e dallo studio prospettico Prolongation, che hanno esaminato circa 3000 pazienti in trattamento di cui circa 1200 con warfarin e circa 2000 con i NAO, hanno documentato una riduzione del rischio emorragico dei NAO rispetto al warfarin del 48% che una riduzione significativa del 30% del rischio tromboembolico cerebrale ed anche coronarico. Tali benefici si sono confermati maggiori a carico delle fasce più avanzate di età.

Per un approfondimento sulle tematiche della gestione della fibrillazione atriale in Medicina Generale può essere utile questa pubblicazione.