CoVid-19 e rischi da imaging cardiaco

I dati scientifici stanno rendendo sempre più chiaro il legame tra CoVid-19 e complicanze cardiache. L'infezione gioca un ruolo determinante in un processo infiammatorio generalizzato che coinvolge il sistema vascolare con una trombosi diffusa spesso causa di exitus, così come dimostrata è l'azione diretta di danno del miocardio che ovviamente si ripercuote a livello respiratorio con scompenso di circolo. Alcune specializzazioni e alcune figure professionali corrono rischi maggiori di infezioni a causa della maggiore vicinanza fisica a pazienti infetti o possibili fonte di contagio, tra questi ecocardiografisti e chirurghi vascolari sono in prima linea. 

Il problema è stato affrontato in un recente articolo appena pubblicato sull'European Heart Journal dove gli esperti dell'European Association of CardioVascular Imaging (EACVI) e della Society of Cardiovascular Computed Tomography (SCCT) forniscono indicazioni specifiche su quando e come eseguire le procedure diagnostiche di imaging cardiologico in modo da salvaguardare la sicurezza del paziente e degli operatori sanitari.

«La pandemia da COVID sta mettendo a dura prova anche i reparti di cardiologia e di imaging cardiaco, a causa della carenza di personale esperto per malattia o riassegnazione ad aree prioritarie come le unità di terapia intensiva» scrivono gli autori, tra i quali Gianluca Pontone, coordinatore dell'area imaging cardiovascolare dell'Istituto cardiologico Monzino, concludendo poi che «Per ridurre il più possibile le probabilità di diffondere il contagio è molto importante che i test di imaging cardiaco vengano effettuati secondo rigidi criteri di appropriatezza», in considerazione che non solo lo stretto contatto fra operatori e pazienti, ma anche il contatto con le attrezzature diagnostiche può essere fonte di contagio.

Queste considerazioni e le indicazioni di appropriatezza diagnostica presenti nel documento non possono non investire anche problemi relativi ad atteggiamenti e comportamenti che dovranno subire una profonda revisione e modifica nella cosidetta fase 2, si pensi alla miriade di esami clinico-strumentali richiesti molte volte per ricorso alla medicina difensiva piuttosto che secondo una corretta indicazione clinica. Tutto questo servirà, forse, a rimettere la medicina clinica, basata sul colloquio, sull'esame fisico, sulla semeiotica, al centro dell'approccio medico futuro.

L'articolo completo in lingua originale è disponibile qui